Il petrolio della Nigeria tra inquinamento e corruzione

Scritto da L'informazione di Rbe il . Postato in Cominciamo bene, Corruzione, Delta del Niger, ENI, Notizie Evangeliche

In queste ore i quotidiani italiani e nigeriani parlano dell’iscrizione nel registro degli indagati di alcuni dirigenti dell’Eni perchĂ©, secondo la procura, nel 2011 l’azienda italiana pagò una mazzetta da oltre 200 milioni di dollari per una concessione petrolifera al largo della Nigeria. Sotto inchiesta a Milano sono l’amministratore delegato Claudio Descalzi, insieme all’ex ad Paolo Scaroni, al nuovo capo della Divisione esplorazioni Roberto Casula e al faccendiere Luigi Bisignani. Nel maggio 2011 un miliardo e 92 milioni di dollari sono stati pagati dall’Eni per acquisire il 50% di una licenza di esplorazione di un campo petrolifero offshore denominato Opl-245.

Ne abbiamo parlato con Alberto Vannucci, professore di Scienza Politica all’Università di Pisa, autore di numerosi studi sulla corruzione in Italia.

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La zona del delta del Niger è tristemente famosa per la devastazione e l’inquinamento che le il lavoro delle aziende petrolifere porta con sĂ©, peggiorata da alcune pratiche illegali e dannose per l’ambiente, come ad esempio il gasflaring (la combustione a cielo aperto dei gas che fuoriescono naturalmente con l’estrazione del petrolio).

«La corruzione è una delle grandi disgrazie che contribuisce a mantenere quelle regioni in una condizione di povertĂ  e di sottosviluppo. Questa è una vicenda da manuale – dice Vannucci: quella che potrebbe essere una fonte di ricchezza e prosperitĂ  per la popolazione, si pensi a quello che accade in Norvegia, diventa invece lo strumento dell’arricchimento di pochi. Un ex ministro del petrolio che tramite una societĂ  di comodo si intesta la concessione per un giacimento petrolifero, e poi naturalmente si crea il solito sottobosco di faccendieri, una fauna variegata, che si muovono per trovare un acquirente interessato. Quando l’ammontare della posta in gioco è di queste dimensioni, si scatenano gli appetiti di molti».

«In Italia, per prevenire la corruzione abbiamo un tentativo sui vari livelli dell’ente pubblico, il Piano triennale della prevenzione della corruzione, ma si sta trasformando in un approccio formalistico e burocratico, che si traduce ben poco in uno strumento di cambiamento di mentalitĂ  e di  controllo effettivo. Per le grandi imprese che corrompono all’estero, invece, un grande strumento sarebbe la trasparenza dei bilanci: anche su questo abbiamo qualche problema. Siamo l’unico paese che ha depenalizzato il falso in bilancio. Se le grandi imprese avessero una trasparenza maggiore, se avessimo una normativa seria, sarebbe molto piĂą facile individuare eventuali anomalie come quelle che sono alla base delle grandi commissioni di cui stiamo parlando.»

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