"Gli aspetti positivi ci sono": la GLAM pubblica una presa di posizione – Rio+20

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Roma (NEV), 27 giugno 2012 - "Certamente sono numerose le parti criticabili del documento, ma a noi preme sottolinearne gli aspetti positivi": così Antonella Visintin, coordinatrice della Commissione globalizzazione e ambiente (GLAM) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), spiega il senso della presa di posizione della GLAM sul documento finale della Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile "Rio+20" (Rio de Janeiro, Brasile, 20-22 giugno 2012) "Il futuro che vogliamo". Per la Visintin le cose vanno lette con sano realismo: quando si parla di diplomazia intergovernativa, non si può non tenere conto dei delicati equilibri esistenti tra diversi interessi nazionali e sovranazionali. "Anzi, stante la situazione mondiale attuale, il fatto che si siano messi d'accordo su alcuni punti cruciali, e non affatto scontati, è fondamentale ed apre degli spiragli importanti", incalza Visintin e, facendo riferimento alla presa di posizione della GLAM, precisa: "L'aver detto, per esempio, che per promuovere lo sviluppo sostenibile bisogna abbandonare i modi di consumo e produzione 'non vivibili', può sembrare una banalità, ma non lo è affatto. E poi, aver messo al centro il valore del lavoro, che sia sempre anche 'dignitoso', in un momento in cui c'è il predominio dei sistemi bancari e finanziari sulle vite delle persone, è davvero importante. Ma c'è di più, aver scritto in un documento ONU che la condizione di uno sviluppo sostenibile sta nel garantire la protezione sanitaria e sociale per tutti, così come l'autonomizzazione delle donne, è a dir poco innovativo. Un bel traguardo è anche il fatto che i governi si siano detti d'accordo per chiedere di eliminare le sovvenzioni ai combustibili fossili come unico riferimento al mercato".La GLAM condivide le preoccupazioni espresse dagli organismi ecumenici mondiali e in particolare si associa al Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) nella dura critica ai governi e nell'esprimere l'urgenza di contestare l'attuale modello della governance a favore di forme democratiche e trasparenti di rappresentanza dei cittadini, di indirizzi e di politiche economiche a favore della giustizia economica e ambientale. La GLAM pertanto ricorda il suo impegno nel quadro del programma ‘Povertà, ricchezza ecologia’ con il quale il CEC ha portato alle chiese i contenuti del documento AGAPE (Alternative globalization addressing people and earth) in vista dell’Assemblea generale del 2013 a Busan (Corea del Sud). "La nostra riflessione continua" - ha concluso Visintin anticipando che la GLAM ad ottobre organizza presso la FCEI un seminario sui temi della povertà, ricchezza ed economia con una focalizzazione sul debito (di seguito la presa di posizione della GLAM su Rio+20).DOCUMENTAZIONE IL FUTURO CHE VOGLIAMO Roma (NEV), 27 giugno 2012 - Presa di posizione della Commissione globalizzazione e ambiente (GLAM) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) sul documento finale "Il futuro che vogliamo" della Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile "Rio+20" (Rio de Janeiro, Brasile, 20-22 giugno 2012). Con un linguaggio diplomatico il documento finale dell'ONU afferma delle cose radicali: abbandonare i modi di consumo e produzione "non vivibili"; mettere al centro il lavoro (sempre accompagnato dall’aggettivo "dignitoso"), la necessità di protezione sanitaria e sociale per tutti i cittadini, e la autonomizzazione delle donne; chiedere di eliminare le sovvenzioni ai combustibili fossili come unico riferimento al mercato; chiedere un rinnovamento di dispositivi istituzionali multilaterali aperti.Il documento finale dell'ONU riflette la trattativa diplomatica e le successive stesure degli ultimi 8 mesi che non prevedevano alcuna convenzione vincolante: un segno, questo, degli attuali impegni internazionali e dei rapporti di forza tra l'Europa e le altre potenze, soprattutto emergenti. (Anche le linee guida contro l'accaparramento delle terre (land grabbing) della FAO sono un accordo volontario). Una delle condizioni perché Rio+20 potesse avere luogo è stato di non parlare di denaro, né di responsabilità passate. E così è andata, anche se è stata ribadita in un passaggio l’esistenza di responsabilità comuni ma differenziate. Pertanto, il documento rappresenta una mediazione, in particolare sulla governance internazionale e l’economia verde e/o l'inclusione sociale.Per quanto riguarda la governance, cioè il profilo istituzionale internazionale da ridisegnare sui temi dello sviluppo sostenibile/ambiente, le posizioni erano due: i paesi europei ed africani, per ragioni diverse, ritengono opportuno dare vita ad una agenzia di difesa ambientale che, come l'Organizzazione mondiale della salute o la FAO, possa agire autonomamente con un indirizzo stabilito dai propri organismi; i paesi emergenti, invece, hanno come riferimento concettuale lo sviluppo e lo sradicamento della povertà, e inseriscono l’ambiente in questo binomio, ritenendo opportuno rafforzare l'UNEP affinché possa avere sì un bilancio certo e obbligatorio, ma rimanendo sotto la direzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, proponendo l’istituzione di un Consiglio per lo sviluppo sostenibile nell’orbita del segretariato dell’ONU.Anche sul secondo asse della Conferenza, l’economia verde, non vi è consenso. Per la maggioranza dei paesi si tratta di un concetto legato soprattutto alle tecnologie; altri, come il Venezuela e la Bolivia, temono che, attraverso di essa, i paesi più ricchi possano poi fare passare barriere protezionistiche. I produttori di petrolio non vogliono sentire parlare di obiettivi che potrebbero mettere in forse le loro strutture economiche; tuttavia, soprattutto per influenza della Unione Europea, nella bozza di documento è stato inserito il nodo del cambiamento climatico, che fa peraltro parte di altro tavolo negoziale.Dal 1992 delle pagine della "Agenda 21" sono state scritte. A fronte del cambiamento climatico e dei problemi connessi al controllo e all’esaurimento delle energie fossili e delle materie prime, il mercato deve fare i conti con l’ambiente, non necessariamente secondo modalità e approcci da noi condivisi. Le Nazioni Unite rappresentano le posizioni degli Stati di cui in Europa misuriamo la distanza dai propri cittadini ancor prima che dai movimenti. Ricordiamo che l'Europa, i governi, le multinazionali, le banche stanno cancellando il modello renano e i diritti del lavoro, che i beni comuni sono diventati merci e che il rientro del debito pubblico non è stato associato ad obiettivi di sviluppo sostenibile. Ci associamo al Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) nella dura critica ai governi del mondo e all’impianto liberista, e nell'esprimere l'urgenza di contestare il modello della governance a favore di forme democratiche e trasparenti di rappresentanza dei cittadini, di indirizzi e di politiche economiche a favore della giustizia economica e ambientale.La Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) attraverso la GLAM ha partecipato alla consultazione europea nel quadro del programma "PWE - Povertà ricchezza ecologia" con il quale il CEC ha portato alle chiese i contenuti del documento AGAPE (Alternative globalization addressing people and earth), in vista della sua Assemblea generale del 2013 a Busan (Corea del Sud). Nel quadro delle nostre attività, inoltre, ad ottobre la GLAM sta organizzando presso la FCEI una giornata seminariale sui temi PWE con una focalizzazione sul debito.

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