Eternit e la necessità del reato di Disastro Ambientale in Italia

Scritto da redazione RBE il . Postato in amianto, Eternit, Notizie Evangeliche, processo Eternit, Steadycam

La sentenza della Corte di Cassazione sul processo Eternit che ha prescritto il reato di disastro e annullato le condanne in primo e secondo grado solleva una domanda: come fare in modo che altri casi simili non vadano in prescrizione? La risposta più facile è: istituire subito in Italia il reato di Disastro Ambientale che ancora non c’è. Altrimenti casi come La Terra dei Fuochi a Napoli o altre vicende in cui comprovati casi di reati ambientali mettano a rischio la salute pubblica rischieranno sempre di avere l’àncora di salvezza della prescrizione.

Non entriamo nel merito della sentenza di cui ancora non conosciamo le motivazioni che saranno pubblicate a breve. Ma il senso della sentenza è chiaro: il reato è stato riconosciuto, ma solo fino al 1986. Il reato però era il disastro generico, non ambientale che ancora non è previsto dal codice penale italiano. Ce lo ha spiegato bene il presidente di Legambiente Italia, Vittorio Cogliati Dezza

La legge sul disastro ambientale dorme in Senato da quasi 10 mesi. Le commissioni Ambiente e Giustizia continuano a rimbalzarsela. Ora chiediamo con forza che arrivi alle camere e venga discussa, altrimenti questo vulnus giudiziario che si crea con la sentenza Eternit della Cassazione non permetterà mai che si possa procedere contro reati ambientali terminati ma i cui effetti perdurano nel tempo. Un caso emblematico può essere quello della Terra dei Fuochi e dei suoi malati di cancro.

Ascolta l’intervista al presidente di Legambiente Italia, Vittorio Cogliati Dezza

Per questo motivo il reato è andato in prescrizione dopo 25 anni. Questo ha fatto cadere tutte le accuse e le condanne dei processi di primo e secondo grado. Per la Cassazione l’oggetto del processo «è stato esclusivamente l’esistenza o meno del disastro, la cui sussistenza è stata affermata dalla Corte che ha dovuto, però, prendere atto dell’avvenuta prescrizione del reato», avvenuta nel 1986 con la chiusura degli stabilimenti, ha spiegato in una nota la Cassazione. «Oggetto del giudizio non erano quindi singoli episodi di morti e patologie sopravvenute, dei quali la Corte non si è occupata». Ma la Corte d’appello di Torino nelle motivazioni della condanna a 18 anni per Schmidheiny la pensava diversamente: «La consumazione del reato di disastro è tuttora in atto» e quindi «occorre mettere in risalto che i reati in nessun modo si possono affermare prescritti», scrivevano i giudici nella motivazione.

Intanto, proprio ieri  la Procura di Torino ha chiuso formalmente l’inchiesta Eternit bis in cui è nuovamente indagato Stephan Schmidheiny. Si procede per omicidio volontario continuato. All’imprenditore svizzero saranno contestati una cinquantina di casi di morte in più, oltre ai primi 213.

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