Da Ratisbona a Erfurt, il percorso incidentato dell’ecumenismo di Benedetto XVI – Editoriale di Luca Baratto

Scritto da Fcei il . Postato in Notizie Evangeliche

Che cosa rimarrà del pontificato di Benedetto XVI? A dieci giorni dall'annuncio con cui papa Ratzinger ha sorpreso il mondo, con gli eventi che corrono verso il conclave e un nuovo pontefice entro Pasqua, è già tempo di valutazioni. Quale immagine di questo papa rimarrà? Come protestante, senza dubbio l'immagine più forte è quella dell'ingresso di Benedetto XVI nell'ex convento di Erfurt, dove Martin Lutero maturò – secondo le parole del papa stesso - le sue ineludibili domande su Dio, quelle che in forma nuova dovrebbero diventare anche le nostre di oggi. Nessun papa si è spinto tanto in là, forse aiutato dall'essere lui stesso un compatriota di Lutero, nonché profondo conoscitore del protestantesimo.Tuttavia, l'ecumenismo non è (solo) questione di immagini; il dialogo tra chiese è piuttosto un cammino e, da questo punto di vista, bisogna dire che con Benedetto XVI si è trattato di un cammino particolarmente accidentato. Dallo sciagurato discorso di Ratisbona (2006) all'importante visita a Erfurt (2011), papa Ratzinger non ha fatto altro che ribadire le distanze tra il cattolicesimo e il protestantesimo.Di Ratisbona tutti ricordano l'incidente diplomatico provocato dalla citazione delle poco edificanti idee di Manuele II Paleologo sulla teologia dell'islam. L'intenzione di quel discorso, altamente accademico, era però volta a sottolineare il legame inscindibile tra fede, che viene dalla Bibbia, e ragione, che viene dal pensiero greco. Un legame che, secondo Benedetto XVI, ha avuto due nemici nella Riforma del XVI secolo, con l'affermazione del Sola Scriptura, e nel protestantesimo liberale del XIX secolo, che vedeva nel processo di ellenizzazione del cristianesimo un progressivo allontanamento dalla sua ispirazione originaria. Ratzinger completava poi il suo ragionamento prendendo le distanze dai nuovi tentativi di inculturazione del cristianesimo, affermando che – in un mondo in cui il 66% dei cristiani vive nel sud del mondo – le categorie filosofiche greche sono le uniche adatte ad esprime la fede cristiana. Già qui si poteva notare un cattolicesimo che nelle parole del papa riesce a definire se stesso solo in contrapposizione agli altri e rimanendo chiuso nei confini europei.Questa stessa dinamica - affermazione della propria tradizione/contrapposizione con le altre -, è evidente anche in altri passaggi del pontificato di Benedetto XVI. Per esempio nella reintroduzione nel 2007 della messa in latino che ha riportato sugli altari la liturgia di Pio V, pensata a suo tempo in chiave chiaramente antiprotestante. E non si può dimenticare che nell'annus horribilis dell'ecumensimo, il 2007, è uscito il documento pontificio “Risposte a quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la dottrina sulla Chiesa” della Congregazione per la dottrina della fede, in cui si afferma, tra l’altro, che solo la chiesa cattolica possiede “tutti gli elementi della Chiesa istituita da Gesù” e che, di fatto, le chiese evangeliche non sono chiese ma mere “comunità ecclesiali”. La visita ad Erfurt nel 2011 segna, in questo percorso, una tappa per molti aspetti positiva, con le parole di Benedetto XVI che riconoscono le ragioni della ricerca teologica e spirituale di Lutero. Tuttavia, anche in quell'occasione fu ricordato Lutero ma furono dimenticati i protestanti. Cioè, è possibile riconoscere le ragioni di un individuo ma non una parola è stata spesa dal papa per dire qualcosa sul prodotto di quell'esperienza e sui milioni di seguaci di Cristo che ancora oggi vivono la loro fede nelle chiese protestanti di tutto il mondo. Insomma, i protestanti un po' come i gay: persone a cui vanno riconosciuti diritti e meriti personali - di cittadini, agli uni; di credenti, agli altri -, ma negati quelli collettivi - l'essere una famiglia, per gli uni; avere la dignità di chiesa, per gli altri. Recentemente è uscito un libro del cardinale Walter Kasper dal titolo “Raccogliere i frutti”. Un titolo che sottolinea come l'ecumenismo abbia prodotto dei risultati importanti e di come dei frutti ci siano stati; ma la raccolta è anche la fine di una stagione. Ora bisogna ricominciare a seminare un campo che negli ultimi anni è rimasto incolto – non per sola responsabilità di Benedetto XVI; è certamente possibile fare anche un elenco degli ostacoli posti dai protestanti all'ecumenismo. “E il seminatore uscì a seminare”: questo incipit della parabola evangelica dovrebbe essere il motto delle nuove dirigenze cristiane, protestanti, ortodosse, cattoliche, del nuovo papa. Non custodi, non gestori; bensì seminatori. 

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