Brevi considerazioni su de “L’infanzia di Gesù” di Benedetto XVI

Scritto da Eduardo Zumpano il . Postato in Attualità, Benedetto XVI, Bibbia, chiesa cattolica

Quali pregi e quali difetti: il proposito del papa.

 

Con la pubblicazione de “L’infanzia di Gesù”, Benedetto XVI conclude la sua trilogia – di quasi mille pagine dedicata a Gesù, con quest’ultimo testo definito “sale d’ingresso ai due precedenti volumi”. In tali pubblicazioni l’autore propone al lettore una particolare metodologia, che può essere riassunta con la frase  contenuta a pagina 25: «Matteo e Luca volevano non tanto raccontare delle “storie”, bensì scrivere storia, storia reale, avvenuta, certamente storia interpretata e compresa in base alla Parola di Dio.» Può essere altrimenti riassunta con l’affermazione in pagina 8 del suo primo volume: «Presentare il Gesù dei Vangeli come il Gesù reale, come il Gesù storico in senso vero e proprio». L’obiettivo del Papa è che i Vangeli dell’infanzia di Gesù possono tornare a essere letti come storicamente fondati.

L’infanzia di Gesù”  ha, a mio giudizio, difetti e pregi. Analizziamo prima i difetti e dopo i pregi. Primo difetto è il diverso punto di vista sulla metodologia della ricerca su Gesù rispetto al suo proposito. Domandiamoci: raggiunge l’autore il suo obiettivo sopra riassunto? E’ possibile raggiungere tale obiettivo? La mia risposta è no, perché – oltre a essere improponibile è impossibile. I racconti dell’infanzia di Gesù hanno una valenza teologica e non storica, in quanto presentano sia elementi comuni sia elementi discordanti.

Nella mente dei fedeli i due racconti sull’infanzia di Gesù, redatti da Matteo e da Luca, si mescolano senza distinguere gli elementi dell’uno e dell’altro, e il Papa promuove questa tradizionale mescolanza acritica, ma l’esigenza storiografica non lo consente; i dati stanno o come li presenta Matteo o come li presenta Luca, oppure né in un modo né nell’altro, in ogni caso non sono armonizzabili. Prima della nascita di Gesù, Maria e Giuseppe o risiedevano a Nazareth (Luca) o risiedevano a Betlemme (Matteo); il loro viaggio da Nazareth a Betlemme o ci fu (Luca) o non ci fu (Matteo); Gesù nacque o in casa dei genitori (Matteo) o in una mangiatoia (Luca); la strage dei bambini di Betlemme o accadde (Matteo) o non accadde (Luca); i genitori fuggirono in Egitto per salvare il bambino dai soldati di Erode (Matteo) o andarono al tempio di Gerusalemme per la circoncisione senza che i soldati di Erode si curassero del bambino (Luca); la famiglia da Betlemme o tornò subito a casa a Nazareth di Galilea (Luca), oppure si recò a Nazareth solo dopo essere stata in Egitto e per la prima volta (Matteo). Opposta è inoltre l’atmosfera complessiva che avvolge la nascita di Gesù, regale e tragica in Matteo, semplice e bucolica in Luca: a chi dare credito?

Alle pagine 78-79 Joseph Ratzinger scrive: «Autorevoli rappresentanti dell’esegesi moderna sono dell’opinione che la notizia dei due evangelisti Matteo e Luca, secondo cui Gesù nacque a Betlemme, sarebbe una affermazione teologica, non storica. In realtà, Gesù sarebbe nato a Nazareth.  – (E’ evidente il riferimento a Giuseppe Barbaglio, Joseph Maier e altri esponenti della Terza ricerca sul Gesù Storico) –. Con le narrazioni della nascita di Gesù a Betlemme, la storia sarebbe stata teologicamente rielaborata secondo le promesse, per poter così – in base al luogo della nascita – indicare Gesù come l’atteso Pastore di Israele (cfr. Mi 5:1-3; Mt2,6). Io non vedo come si possano addurre vere fonti a sostegno di tale teoria. Di fatto, sulla nascita di Gesù non abbiamo altre fonti che quelle dei racconti dell’infanzia in Matteo e in Luca. I due dipendono con evidenza da rappresentanti di tradizioni molto diverse. Sono influenzati da visoni teologiche differenti, come anche le loro notizie storiche in parte divergono. A Matteo chiaramente non era noto che tanto Giuseppe quanto Maria abitavano inizialmente a Nazareth. Per questo, ritornando dall’Egitto, Giuseppe vuole dapprima andare a Betlemme, e solo la notizia che in Giudea regna un figlio di Erode lo induce a deviare verso la Galilea. Per Luca, invece, è fin dall’inizio chiaro che la Sacra famiglia, dopo gli avvenimenti della nascita, ritornò a Nazareth. Le due differenti linee di tradizioni concordano nella notizia che il luogo della nascita di Gesù era Betlemme. Se ci atteniamo alle fonti, rimane chiaro che Gesù è nato a Betlemme ed è cresciuto a Nazareth.»

E’ palese che con queste parole il Papa vuole far tornare – almeno mi sembra che sia il suo tentativo – l’esegesi cattolica alla scuola esegetica di Madrid, attuare l’improponibile e improbabile programma di armonizzare in maniera acritica e a-contestuale le pagine dell’infanzia di Gesù. Il cattolico Raymond Brown, esegeta della scuola denominata New prospective, è giunto, invece, a parlare di “prove positive a favore di Nazareth.”

A pagina 65 il papa scrive: «Le narrazioni in Matteo e Luca non sono miti ulteriormente sviluppati. Secondo la loro concezioni di fondo, sono saldamente collocati nella tradizioni biblica di Dio Creatore e Redentore. Quanto al loro contenuto concreto, però, provengono dalla tradizione familiare, sono una tradizione  trasmessa che conserva l’accaduto.» L’idea che il “Bene proprio di Luca”  sia una derivazione della Tradizione familiare – proposta da Joachim Gnilka e da Renè Laurentin – oggi è ritenuta una pura e semplice petizione di principio e quindi abbandonata dalla Terza Ricerca sul Gesù Storico.

Dopo tutto questo, comunque, c’è da fare una ulteriore riflessione: dopo la promulgazione nel 1943 dell’enciclica Divino afflante Spiritu, che legittimò l’uso per i teologi cattolici del metodo storico-critico, può essere considerata una giusta risposta (quella del papa) allo strappo tra il Gesù Storico e il Cristo della fede? La figura stessa di Gesù si sarebbe allontanata o rischierebbe di allontanarsi dai fedeli per il moltiplicarsi delle ricostruzioni parziali e per lo iato fra l’annuncio della Chiesa e i risultati della ricerca storica?  E allo stesso tempo, può una confusione e mescolanza del piano storico con il piano teologico – che invece, per poter interagire utilmente, necessitano allo stesso tempo di distinzione e di una mediazione complessa, a livello teologico – rispondere alle esigenze dell’uomo moderno?

Penso che siamo giunti a una visone del mondo  più disincantata, più pacata, più realistica: l’uomo ha bisogno di risposte un po’ più complesse e attinenti alla realtà. Credo che questo sia possibile solo grazie al lavoro della ricerca storica, che presenta i propri risultati alla coscienza di ognuno senza forzature dogmatiche. Penso – come Vito Mancuso che “Ratzinger non ama il metodo storico-critico, lo ritiene dannoso per la fede e forse per questo nel suo libro neppure menziona l’autore dello studio più importante sui vangeli dell’infanzia”: Raymond Brown.

Voglio ricordare l’ultima “condanna”, a titolo d’esempio, della Congregazione per la difesa della fede, passata in sordina, che ha colpito Suor MARGARET A. FARLEY e il suo libro JUST LOVE. A FRAMEWORK FOR CHRISTIAN SEXUAL ETHICS, un tentativo di applicazione della lettura del messaggio evangelico con il metodo storico-critico in sede di discorso teologico-etico. Legittima risulta la mia domanda: ha futuro l’esegesi storico-critica cattolica avviata dal 1943? Quale impatto avrà in futuro la proposta papale sulla ricerca relativa al Gesù Storico? Certo questa trilogia non ha valore magistrale, ma forse, può assumere un valore indicativo per chi si imbatte nella ricerca ora.

Ora veniamo ai pregi. Riconosco al testo delle bellissime pagine di taglio spirituale, come ad esempio quelle dedicate alla genealogia o quelle dedicate alla nascita e alla presentazione di Gesù al Tempio. Secondo: in ogni caso le parole di Benedetto XVI confermano l’attualità della questione del “Gesù Storico” e la persistente interrogazione, tra molti teologi cattolici e forse molti che teologi non sono, circa il rapporto tra fede e storia. Interesse già attestato con la pubblicazione del libro di Augias e Pesce (2005),  che è stato investito, accompagnato, sui mass media da una serie di polemiche. Terzo: “L’infanzia di Gesù” può essere visto come un abbecedario dei risultati della ricerca esegetica (cioè una schedatura) sebbene viziata da quanto detto sopra. Può fornire a chi si avvicina un sunto in 148 pagine dello stato dell’arte, ma dal punto di vista del Papa.

Eduardo Zumpano, Dipignano 30 Novembre 2012.

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