A Lampedusa si ricordano le vittime ma si guarda all’oggi

Scritto da L'informazione di Rbe il . Postato in Cominciamo bene, Lampedusa, Mediterranean Hope, Notizie Evangeliche

Il 3 ottobre 2013, 368 persone persero la vita davanti alla spiaggia dei Conigli, sull’isola di Lampedusa. Quest’anno, il 2 ottobre, i sopravvissuti al naufragio, i famigliari delle vittime e molti lampedusani si sono raccolti in una cerimonia interreligiosa. Ne abbiamo parlato con Marta Bernardini di Mediteranean Hope.

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«Oggi, 3 ottobre, è la giornata del ricordo, una giornata piena di iniziative –dice Marta–ma ieri è stata organizzata una manifestazione interreligiosa per ricordare le vittime del naufragio e tutti coloro che, ancora oggi, perdono la vita in questi viaggi della speranza, visto che la tragedia dell’anno scorso non è stata l’ultima. Le varie confessioni religiose si sono trovate insieme per pregare, per ricordare, per stare in silenzio e per condividere dei momenti profondi. La partecipazione è stata altissima, trecento persone, un numero elevato per Lampedusa. Erano presenti molte confessioni religiose: islamici buddisti, induisti, ortodossi, cattolici, evangelici, sikh, insieme per pregare e non lasciare sole le persone che hanno sofferto e che soffrono per questa tragedia. E stato un momento toccante».

Perché una cerimonia interreligiosa?
«Penso che l’espressione della propria fede sia essenziale in questi momenti. Dopo le tragedie, dopo i discorsi politici, è importante fermarsi a riflettere, a piangere i propri cari ed esprimere il proprio impegno perché le cose cambino. Esprimerlo con la fede è un modo importante per farlo. Condividere un momento di preghiera con i fratelli e le sorelle che sono sopravvissuti è essenziale. Ieri insieme hanno potuto darsi l’un l’altro la forza nella preghiera».

Qual è il sentimento di chi vive sull’isola?
«Essere a Lampedusa è fondamentale, ti fa capire tante cose. L’isola è piena di persone, per il festival Sabir, per la giornata di ieri e per la commemorazione del 3. Persone che poi vanno via, mentre i lampedusani restano. I politici che fanno delle passerelle non sono ben visti dagli isolani che sono stanchi di avere persone che arrivano, parlano e se ne vanno, mentre l’isola rimane la stessa. I riflettori su Lampedusa si accendono solo se si parla di migrazioni. Invece per questioni più care alla vita di chi vive qui, questo non avviene. Il centro di accoglienza è chiuso, nella giornata di oggi verrà aperto, ma simbolicamente, non è operativo. Questo aspetto colpisce e fa arrabbiare gli abitanti dell’isola».

Come si vive il paradosso di una commemorazione mentre continuano a morire persone in mare?
«Nella giornata di oggi è più difficile ricevere queste notizie e fa molta rabbia. Ma la rabbia deve diventare una lotta per raggiungere una soluzione. Anche la manifestazione di protesta che si tiene oggi sull’isola è un aspetto positivo, perché Lampedusa difficilmente riesce a unirsi in uno spazio comune di condivisione. Porterà a un nuovo modo di affrontare i prossimi eventi che saranno difficili per i lampedusani. C’è la voglia di lottare perché le pratiche di accoglienza possano cambiare, anche a partire dalla voce dell’isola».

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