a cura di Luca Baratto – Intervista: Emmanuel Asanteuna: una spiritualità che nasce dall’incontro tra culture

Scritto da Fcei il . Postato in Notizie Evangeliche

Roma (NEV), 4 dicembre 2013 - Nello scorso mese di novembre il professor Emmanuel Asante ha tenuto un corso di African Studies presso la Facoltà valdese di teologia di Roma. Docente di teologia presso il Trinity Theological Seminary di Accra, è stato direttore del Dipartimento di studi religiosi della Kwame Nkrumah University of Science and Technology. Attualmente è vescovo e presidente della Chiesa metodista del Ghana, una delle denominazioni protestanti storiche dello stato africano a cui aderisce oltre un milione di fedeli. Asante è inoltre presidente del Consiglio nazionale ghanese per la pace. Al termine del suo soggiorno in Italia lo abbiamo incontrato, rivolgendogli alcune domande.Quanto è importante per una facoltà teologica europea attivare un ciclo di African Studies?Direi che è di importanza fondamentale e sono contento che la Facoltà valdese di teologia abbia istituito l'insegnamento di African Studies. L'Italia è un paese multiculturale e anche le chiese protestanti italiane rispecchiano questa realtà. Molti evangelici africani vivono in Italia e fanno parte delle vostre chiese, sono vostri membri di chiesa. E' quindi importante che i futuri pastori imparino a conoscere la loro spiritualità e il modo in cui vivono la loro fede. Da questo punto di vista, gli African Studies sono un importante strumento di formazione. Ancora più importante sarebbe, per degli studenti o dei pastori italiani, avere la possibilità di trascorrere un periodo in Africa, non solo per studiare teologia ma per vivere in mezzo alla gente. Cosa dovrebbe sapere un evangelico italiano sul modo di vivere la fede di un africano e cosa può imparare un africano dalle chiese protestanti italiane?Quella africana è una spiritualità che definirei “vibrante” e si basa su due elementi fondamentali. Il primo consiste nel considerare Dio come una presenza costante nella vita quotidiana delle persone, capace di rispondere alle loro necessità concrete. Il secondo, è una definizione della realtà che include la presenza di forze spirituali capaci di influenzare in modo positivo o negativo l'esistenza delle persone. Questi due elementi non possono essere ignorati da chi ha a che fare con credenti africani. Detto questo, l'incontro di culture diverse all'interno della stessa comunità cristiana non può avere come scopo l'adattamento degli uni alle particolarità degli altri. Le culture sono realtà dinamiche, capaci, quando si incontrano, di dar vita a processi creativi inaspettati. C'è da augurarsi che, nello spazio di alcune generazioni, possa nascere una nuova spiritualità frutto dell'incontro tra quella italiana e quella africana. In questo senso giudico positivamente il progetto “Essere chiesa insieme” della Federazione delle chiese evangeliche in Italia che, mi sembra, vada proprio in questa direzione. Secondo le statistiche ufficiali, oggi, il cristianesimo ha spostato il suo baricentro nel sud del mondo dove vive il 66% dei fedeli di ogni chiesa. C'è in Africa consapevolezza di questo cambiamento epocale?In questi giorni, in effetti, qualcuno mi ha chiesto se non sia cominciata un'azione missionaria inversa a quella del passato: predicatori africani che evangelizzano gli europei! Nei miei viaggi nel vostro continente mi sono reso conto di una crescente secolarizzazione. Tuttavia, gli africani che giungono nel vostro paese sono qui per costruirsi una vita non per evangelizzare gli italiani. Certo, arrivano con la loro spiritualità che è viva e vibrante, e in questo possono anche portare dei germi di risveglio nelle chiese europee. In ogni caso, in Ghana, per parlare solo del mio paese, le chiese sono una realtà vivace, dinamica, impegnate in progetti sociali, dal microcredito alla gestione di ospedali e scuole. Soprattutto le chiese e le altre comunità religiose sono una voce autorevole nella società. Prova ne è il loro contributo al Consiglio nazionale per la pace di cui al momento sono presidente.Può dirci qualcosa in più sulla sua esperienza nel Consiglio nazionale ghanese per la pace?Il Consiglio ha come suo compito principale promuovere la pace nel paese, ponendosi come strumento di mediazione nei conflitti tribali e politici che potenzialmente potrebbero dar luogo a scontri violenti. Se il risultato delle ultime elezioni presidenziali non è degenerato in una guerra civile, rimanendo nell'ambito di un duro e teso scontro politico, è principalmente grazie all’intervento del Consiglio nazionale per la pace. Il Consiglio è di nomina parlamentare ed è composto da 14 membri di cui 8 espressione diretta di comunità religiose. Spesso sono noti i casi in cui la religione contribuisce ad alimentare la violenza, come in Nigeria. Quando invece le comunità di fede collaborano tra loro riescono ad ottenere risultati importanti. In Ghana i rapporti ecumenici tra cristiani sono più che cordiali; le relazioni tra cristiani e musulmani positive. Di questa autorevolezza riconosciuta alle autorità religiose dovrebbero tenere maggiormente conto anche le istituzioni europee riguardo ai migranti che giungono dall'Africa. 

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