Auguri da Valdo a Francesco

Scritto da Luca Maria Negro il . Postato in chiesa cattolica, Eugenio Bernardini, Francesco I, Papa, Vaticano

Valdo_Francesco

In un messaggio al nuovo vescovo di Roma il moderatore Bernardini sottolinea le affinità tra Valdo e il povero di Assisi. L’amicizia del papa con il pastore valdese Berton, i commenti dei valdesi del Rio de la Plata

Articolo pubblicato su Riforma.it il 19/03/2013

Una chiesa al servizio degli umili e degli esclusi, ispirata e rinnovata dalla Parola di Dio: è quanto avevano in comune Valdo di Lione e Francesco di Assisi. Lo ha ricordato al nuovo papa Francesco il moderatore della Tavola valdese, pastore Eugenio Bernardini, in un messaggio di saluto inviato il 15 marzo: «Mi rivolgo a Lei nei giorni in cui assume il ruolo di vescovo di Roma per rivolgerLe il saluto della Chiesa valdese. Possa il Signore benedirLa e illuminarLa nel suo ministero di annuncio dell’Evangelo». Sottolineando la scelta del nome di Francesco, Bernardini ha ricordato che il povero di Assisi fu coevo di Valdo di Lione e che i due condivisero «l’idea di una chiesa al servizio degli umili e degli esclusi, ispirata e rinnovata dalla Parola di Dio». «Colpito dalle Sue prime parole e dai gesti che ha compiuto all’inizio del Suo ministero – prosegue il moderatore – non posso che sperare che nel suo ruolo Ella saprà dare impulso a una nuova stagione ecumenica nutrita da quel radicamento evangelico e da quello spirito di servizio ai bisogni dell’umanità che furono di Francesco e di Valdo. In questo senso speriamo e preghiamo perché tutti gli uomini e le donne che condividono il segno del battesimo in Cristo – cattolici, protestanti e ortodossi – possano incontrarsi e riconoscersi in un rinnovato cammino nell’unità di tutti i cristiani affinché il mondo creda».

La speranza di una nuova stagione ecumenica sembra confermata anche dalla motivazione che lo stesso Bergoglio, parlando con i giornalisti il 16 marzo, ha dato della scelta del suo nome: Francesco come Francesco d’Assisi, che «per me è l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato». Una triplice motivazione che, per delle orecchie protestanti, richiama il processo conciliare su «giustizia, pace e salvaguardia del creato» lanciato dal Consiglio ecumenico delle chiese sin dagli anni ‘80: un processo molto popolare a livello della base cattolica e degli ordini religiosi (specialmente i francescani) ma finora non particolarmente considerato dalla gerarchia cattolica.

Staremo a vedere: intanto è sicuro che Bergoglio, come arcivescovo di Buenos Aires, è stato impegnato in attività ecumeniche a vari livelli. E i valdesi, presenti da un secolo e mezzo in Argentina e Uruguay, gli sono tutt’altro che sconosciuti: sviluppò infatti, come ricorda il pastore Delmo Rostan, già moderatore dei valdesi del Rio de la Plata, una intensa relazione di amicizia con il pastore valdese e professore di teologia Norberto Bertón, scomparso nel 2010. Negli ultimi anni di vita Bertón, malato e non più autosufficiente, fu invitato da Bergoglio a vivere in una casa di riposo per preti anziani; nel 2006 lo insignì del premio «Juntos Educar», istituito dall’arcidiocesi di Buenos Aires come riconoscimento dell’impegno per la promozione della cultura e dell’educazione.

L’elezione del nuovo papa ha suscitato una serie di commenti in campo evangelico, sia italiano che internazionale. Non avendo lo spazio per riportarli tutti, rimandiamo al numero speciale dell’agenzia Nev – Notizie evangeliche, pubblicato il 14 marzo (www.nev.it). Qui ci limitiamo a citare l’opinione del teologo valdese Paolo Ricca, che si è detto positivamente colpito da tre aspetti del primo intervento del papa: l’insistenza «sulla categoria del «vescovo di Roma» con cui si è ripetutamente definito senza mai pronunciare la parola «papa»», la scelta del nome e infine «il fatto che il nuovo papa abbia chiesto la benedizione dei fedeli prima di essere lui a benedire loro», un gesto «che introduce l’idea di reciprocità come base delle relazioni all’interno della chiesa». Ciò detto, è la premessa di Ricca, «da un punto di vista protestante il papa è sempre il papa, la cui autorità si fonda sul mito del primato di Pietro».

Ci è sembrato importante dare rilievo ai commenti provenienti dall’America Latina. Il pastore valdese uruguayano Oscar Geymonat, di ritorno da una visita a Buenos Aires, riporta l’opinione di persone che hanno conosciuto personalmente Bergoglio e lo descrivono come una «persona molto sensibile, attivo nell’incontro ecumenico con protestanti e altre correnti religiose, molto conservatore quanto all’etica e difensore dell’ortodossia cattolica anche a livello politico». Per quanto riguarda le accuse di rapporti ambigui con la dittatura militare argentina, Geymonat invita alla cautela. È chiaro che Bergoglio «non è mai stato legato alla teologia della liberazione», ma quanto alle accuse di complicità col regime «è certo che non è stato una delle personalità della chiesa che appoggiarono direttamente la dittatura militare e non ebbe rapporti stretti con i comandi militari dell’epoca. Il premio Nobel Adolfo Pérez Esquivel condivide questa opinione, ed è una personalità certamente credibile, che conosce bene ciò che c’è dietro le quinte».

Sullo stesso tema anche il pastore argentino Delmo Rostan invita alla prudenza. «Bisogna certamente tener presenti le testimonianze di coloro che hanno sofferto persecuzione e tortura, ma ci sono anche prove della preoccupazione di Bergoglio per i perseguitati al tempo della dittatura. Come protestanti, senza rinunciare alle voci critiche, dovremmo chiederci se per caso non siamo stato in una posizione simile a quella in cui si è trovato Bergoglio, cioè neutralizzati dall’impotenza di fronte all’azione della dittatura». In conclusione, dice l’ex moderatore Rostan, «credo che sia sensato aspettare le azioni del nuovo papa, per poi pronunciarci in forma critica o di appoggio a seconda dell’orientamento che prenderà su temi cruciali» come quelli indicati in un recente intervento del teologo della liberazione Frei Betto: la necessità di dare attuazione al Concilio Vaticano II, di farla finita con i tabù in materia di morale sessuale, di dialogare con la scienza e di ridare slancio all’ecumenismo e ai rapporti interreligiosi.

Per la pastora battista Gabriela Lio, argentina che vive da tempo in Italia (è vicepresidente della Federazione delle chiese evangeliche), «Bergoglio è un personaggio con luci ed ombre. Non appartiene all’ala più conservatrice della chiesa cattolica argentina, ma neppure può essere annoverato tra i progressisti; è in prima linea per i diritti dei poveri, ma la sua condotta nei confronti della dittatura militare degli anni ‘70 non può essere definita limpida». Tuttavia «è innegabile che negli anni della crisi economica Bergoglio si è distinto per la chiamata alla lotta contro la povertà e la risurrezione morale del paese distrutto da una crisi politica, sociale ed economica».

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